giovedì 13 ottobre 2016

mercoledì 12 ottobre 2016

... in chiusura, o quasi.


  1. Grazie a chi ha avuto la pazienza di leggere il mio blog, il numero delle presenze giornaliere mi ha aiutato ad andare avanti con “assiduità” come mi ero ripromesso all’inizio. Credo che qualche spunto su questa terra vi sia arrivato o per lo meno me lo auguro.
  2. Nel fondo non voglio fare un bilancio perché salterebbero fuori cose che si sarebbero potuto fare o persone che non ho viste, ma va benissimo così. Prima di tutto volevo andare a nord, nel deserto, ed è stato bello ed importante, poi dovevo incontrare i miei compagni di scuola ed è stata una cosa piacevole: “i ragazzi del ’66 stiamo bene”. Infine ho visto amici e compagni, “quelli di una volta”, visitato luoghi, sentito odori, provato l’umidità salina del mare tra le mani, calpestato il pavimento di quella che fu la mia università, visto le onde del Pacifico, guardato ogni mattina le Ande, parlato il castellano, ripreso l’accento dei cileni, guardato con l’attenzione della maturità piazze, musei, chiese, monumenti, targhe, ascoltato musica e tanto altro ancora. Diciamo che le mie radice sono salve
  3. Sono contento di tornare in Italia: diciamo che la mia identità “mista” è salva anche questa.
  4. Sulla “mia finestra sul cortile”: ho guardato con attenzione il palazzo di fronte, credo per l’ultima volta. Sui ragazzi del 16° piano e gli altri, nulla da segnalare, soltanto che in 32 balconi ci sono i panni stessi e quindi ieri - oppure oggi - ci siamo dati al bucato… Mi auguro che a loro vada tutto bene, che non debbano mai abbandonare questa terra con violenza o contro la loro volontà, mi auguro anche che prendano la democrazia sul serio, loro che così giovani non sanno cosa vuol dire averla persa, è un’altra generazione, molto entusiasta, ottimista e credo anche preparata… Auguri ragazzi!
  5. Agli amici di Liberato Zambia e della Banda Musicale di Torrette dico: “fatti vostri… mò arrivo!”
  6. Vi saluta Condorito e anche io.
Anche Condorito a potuto salutare i suoi amici

Con un carissimo amico "qualche" giorno fa

martedì 11 ottobre 2016

per un attimo con il popolo Mapuche


Mentre decine di operai trafficano con scatoloni e contenitori vari per imballare la documentazione e le attrezzature informatiche della redazione di Condoricose che giovedì si traferisce in Italia, provvedo a quello che è uno degli ultimi servizi da Santiago del Chile. Domani, dopo alcuni improrogabili impegni del Capo redattore Condorito,  si terrà un’importante seduta del Comitato di redazione per decide se Condoricose continuerà a lavorare nel vecchio continente o se l’avventura finisce qui. (punto).

Il 12 ottobre è la ricorrenza della scoperta dell’America e per motivi “amministrativi” in Cile è stata festeggiata con un giorno di anticipo: oggi. Qui la chiamano la “giornata della razza”, non ho capito bene il perché, ma così è. Non ho nemmeno capito in cosa consistevano i festeggiamenti a parte la giornata festiva. Rimane il fatto che quando sento la parola “razza” ni arriva un improvviso prurito molto generalizzato. L’unico festeggiamento, visibile a me, è stata una manifestazione con comizio iniziale e corteo (molto affollati) della etnia mapuche che con un striscione dava tutto il senso del raduno: “C’è poco da festeggiare e molto da lottare”.

“Mapuche” significa uomo della terra e gli spagnoli li chiamarono “araucani”, lo Stato, in seguito chiamò “Araucania” la regione dove al sud del Cile sono maggiormente presenti. Popolo testardo e combattivo trovò spazio nelle regioni del centro e sud del Cile e occuparono anche alcune piccole zone del sud dell’Argentina. Caparvi guerrieri fermarono l’avanzata degli Incas e diedero moltissimo filo da torcere, per secoli, agli Spagnoli. Così, per dirne una: "... non piangere come donna quello che non hai saputo difendere come uomo", disse Fresia a suo marito
 Caupolican, capo mapuche che aveva perso una battaglia contro gli spagnoli,  mentre lo impallavano.  Il tutto fu “appianato” nel XIX secolo con un pesante e violento intervento militare della giovane ed indipendente Repubblica, che la storiografia ufficiale ha chiamato “guerra di pacificazione” (!). Spropriati delle terre, indotti al alcolismo, cancellato ogni spazio culturale e soprattutto linguistico, oggetti di puro e semplice razzismo, sfruttati con formule medievali di lavoro della terra,  da qualche decennio e ricominciata una lotta, a volte violenta, per il recupero non solo della dignità ma anche dei territori, della cultura, della propria autonomia come popolo (o nazione). Non solo la dittatura ma anche i governi democratici successivi, non hanno saputo o voluto affrontare sul serio il problema al punto di applicare regolarmente le leggi antiterrorismo ai dirigenti del movimento accusati in genere di occupazioni di terreni, incendi dolosi, resistenza alla forza pubblica e così via.
Nella manifestazione è stato letto un interminabile elenco di Machis in attuale carcerazione preventiva in attesa di giudizio (in mapudungun - la lingua mapuche - “machis” sta per: “principale entità medico - religiosa e consigliere in pace ed in guerra del popolo mapuche” e si parla di “entità” e "consigliere"  (uomo o donna) perché nella loro cultura non trova spazio il concetto di “autorità” e tanto meno di "capo"). Vale la pena segnalare che la loro medicina a base di erbe è ormai riconosciuta come di notevole efficacia. I loro grandi nemici sono tutti quelli che aggrediscono la loro sacra terra: oggi, principalmente i grandi proprietari terrieri e le multinazionali che operano nella costruzione di dighe e centrali idroelettriche. Dopo la “guerra di pacificazione” si è verificato un importante processo di urbanizzazione delle generazioni giovani che si sono trasferite nelle grandi città. Oggi gran parte dei cileni ha una qualche percentuale di sangue mapuche nelle proprie vene… anche se non vogliono riconoscerlo. Sarà per quello che lo chiamano “el dia de la raza”?




lunedì 10 ottobre 2016

Generale... porti questo nella mia macchina!


Oggi domenica, verso le 7 del mattino, mi sono affacciato al balcone e visto che c’era un tempo meraviglioso. Non avevo niente in programma e quindi ho presso un caffè, sono uscito, preso la metropolitana, sceso al terminal dei bus extraurbani e me ne sono andato a San Antonio. 90 minuti di viaggio per arrivare a questo porto che sta di fronte a Santiago e da dove partono le esportazioni cilene soprattutto di vino e frutta. Ho camminato per il lungomare e poi preso una imbarcazione turistica che gira mezzora per la baia (€ 3.oo), intanto, ho ripassato mentalmente  i 7/8 giorni vissuti lì, nell’anno 2000, quando formavo parte di una delegazione di istituzioni delle Marche (Regione, Provincia, Comune, Autorità portuale ed una compagnia di teatro di Jesi) che partecipavano a “SanAntonio 2000”, una grande fiera sulle attività produttive locali. Avevamo allestito un bel stand e ci incontrammo con tutte le autorità cercando di promuovere rapporti istituzionali ed economici. La mostra fu inaugurata da Josè Miguel Insunza, allora Ministro degli Interni e vice Presidente della Repubblica (l’allora Presidente Lagos era all’estero). Quando le autorità arrivarono nei pressi del nostro box, dove io mi trovavo, la Sindaco di San Antonio, Signora Lucia Menares (che l’anno seguente visitò Ancona e la Fiera del Mare), gli disse: “onorevole, volevo presentarle …” e lui la fermò con un gesto della mano dicendo “Lei a me non mi presenta Ricardo Madrid, se mai il contrario”, e mi abbracciò a lungo, erano credo 20 anni che non ci vedevamo. Giovanissimi avevamo fondato insieme il nostro partito, il Mapu, insieme ad altri già nominati nei primi post di questo blog. Naturalmente si alzarono immediatamente i “valori delle mie azioni” e da li in poi sono stato trattato con particolare deferenza. Comunque, dopo qualche convenevole, tirai fuori una elegantissima scatola con all’interno 50 fogli e buste di una raffinata carta di Fabriano fatta a mano, che riservavo come omaggio per la più alta autorità che avessimo incontrato e la consegnai a Insunza, insieme a due corposi, belli e pesantissimi volumi d’arte. Lui ringraziò, soprattutto la carta, e riferì che era stato a Fabriano e poi si girò, facendo un segno ad un generale che accompagnava il gruppo di autorità e senza alcuna cortesia gli disse: “porti questo nella mia macchina!” consegnandogli i plichi (e senza dire  “per favore”). Il Generale disse: “subito onorevole” e partì verso la vettura del ministro con paso veloce e marziale. Nella mia vita questo fatto è stato di una grade, grandissima importanza perché solo in quel momento mi resi conto veramente che in Cile non solo era tonata la democrazia ma, soprattutto, che le cose erano cambiate, che le autorità politiche erano nuovamente il vertice della nazione e che i militari erano tornati in caserma. Non ho avuto mai l’opportunità di ringraziare a Insunza per la sua “mala educazione”. Inseguito è stato per 2 mandati Segretario Generale dell’Organizzazione degli Stati Americani ed oggi intende candidarsi alla Presidenza della Repubblica. Mentre pensavo a tutto questo, ho preso una corriera per andare alla vicina e immensa spiaggia di Cartagena, balneario preferito delle classi popolari di Santiago, ho scelto una normalissima trattoria, ho mangiato un intero e non piccolo merluzzo fritto con contorno di pure di patate, un bicchiere di vino ed un caffè (€ 10.oo), per poi tornare a Santiago a scrivere questo post.
San Antonio

Vino? frutta? in partenza per gli EE. UU o  Europa

da queste parti ci sono le onde

La Spiaggia Grande di Cartagena




domenica 9 ottobre 2016

Ciao Franco, grazie e ti saluto con un sorriso... sempre!



Mentre inizio a preparare il mio rientro in Italia, arriva la triste notizia della scomparsa di Franco Grasso che non potrò salutare da vicino, ne potrò abbracciare con tutto l’affetto possibile i suoi colleghi. Lo conobbi proprio nei giorni in cui era arrivato in Ancona a lavorare a eTV Marche. Entusiasta, sorridente, amabile, preparato, trasparente. Diventammo amici e per me fu un privilegio. In questi ultimi anni ci unì anche la nostra passione per il volontariato in africa e in occasione di una intervista che fecce all’associazione con la quale lavoro – Liberato Zambia 2001 - ho notato che moltissime sue reazioni e opinioni sul dramma africano erano quelle mie e nostre. Infatti l’intervista scivolò serena e dinamica per 45 minuti che sembrarono un attimo a noi intervistati e credo anche agli spettatori. Penso che nelle Marche  dovremo per sempre ringraziarlo per aver aperto delle importanti finestre informative - e non solo -  con pochi mezzi e meno personale, con professionalità alta ed un sano e serio pluralismo. Ha saputo sopperire alla mancanza di mezzi con tanto lavoro contaminando del suo entusiasmo a chi lo circondava. Sono più che certo che i suoi colleghi sapranno andare avanti.

Parlando al ritorno del mio primo viaggio in Africa io gli dissi che a volte si cade nello sconforto di non poter fare di più e che quello che si fa, nel fondo, è niente. Lui disse: si, è una goccia d’acqua nell’oceano, ma andati avanti per che se non lo fatte non ci sarebbe neanche quella e poi aggiunse … e come fai a fare a meno del sorriso dei bambini?  

Quindi, ciao carissimo Franco, ti saluto e ti ringrazio, naturalmente con un sorriso … sempre!

Nota: uso (rubo) questa emblematica foto trovata su Facebook, mi auguro che l'autore saprà perdonarmi

venerdì 7 ottobre 2016

A cena con l'avversario


Negli ultimi mesi del 1972 sono stato candidato Presidente dell’organizzazione degli studenti, cosa in Cile, allora, di una certa importanza. A 2 o 3 giorni della elezione uno dei candidati si ritiro con il tentativo di far convergere i propri voti sul candidato Democristiano ed impedire così la mia elezione. Ho perso, per pochi voti ma perso.  Dopo ho sempre detto “menomale” diversamente il Colpo di Stato mi avrebbe presso da Presidente e veramente non so che fine avrei fatto. Il candidato vincente, allora un giovane molto carismatico e brillante, sinceramente democratico, ha avuto una vita da romanzo, lunga da raccontare e quindi salto. Venuto a conoscenza della mia visita mi ha rintracciato al telefono e insistito perché ci incontrassimo a cena: “non puoi andare via senza un abbraccio e senza ricordare…”  ha detto. Oggi dirige una grande struttura turistica in un bellissimo balneario (Maitencillo) a 60 km al nord di Valparaiso e in più, per non perdere il pelo, fa il consulente “politico” del sindaco di un comune grande della zona.

Si parte in corriera. Una avventura.  Il mezzo, che non ha orario, è passato dopo 45 minuti di attesa, il tragitto si percorre  quasi completamente  in un lungomare con bellissime veduta, in corrispondenza di ogni paese il bus entra verso il “centro” fa un completo giro interno, e prosegue. Ogni tanto il conducente abbandona il mezzo lasciando il motore ascesso, scende compra caramelle o sigarette torna e riparte, oppure si ferma, suona il campanello della casa di un conoscente, consegna qualcosa, chiacchera un attimo e riparte. Totale 2 ore e 40 minuti.  Fantastico! Cena pronta, tavolo apparecchiato in una vetrata fronte mare, menù delle occasioni, vini di quelli buoni. Abbracci…  e per 3 ore siamo stati un vero tsunami: affetto, simpatia, lui una memoria da elefante ed io niente male. Peccato per quelli che ci facevano compagnia che non sono riusciti ad inserirsi nella conversazione neanche con una battuta. E pensare che nella campagna elettorale ci eravamo “massacrati” a vicenda e che le nostre “tifoserie” si erano menati più di una volta. Tra una risata e l’altra sono uscito un attimo in riva al mare a fare qualche fotografia e quel oceano infinito mi si è presentato in tutto il suo splendore. Il ritorno, un po’ meno pittoresco ma ugualmente avventuroso e lungo, mi ha sommerso nella melanconia di chi non ha alcuna certezza di tornare in quei luoghi e con quelle persone.  

il luogo dell'incontro

Tramnnto a Maitencillo


giovedì 6 ottobre 2016

Una visita importante: La Moneda


Invitati dalla Sig.ra Analia Uriarte Rodrigues, capo di gabinetto della Presidente Bachelet, ho potuto visitare, insieme ad alcuni amici,  il palazzo La Moneda, sede del governo del Cile, il cui interno fu completamente distrutto l’11 settembre del 1973,  dai bombardamenti aeri, dai carri armati e dal successivo incendio  e dove in un gesto di storica coerenza e lealtà il Presidente Salvador Allende si tolse la vita. La nostra bravissima e competente guida ha precisando più volte durante la visita che ancora oggi i particolari di quella giornata sono confusi e che quindi si può per adesso parlare soltanto di una “verità giuridica”.

Il lato nord del Palazzo fu quello maggiormente danneggiato in quanto li si trovavano gli uffici del Presidente. La dittatura provvide al restauro - durato sette anni – ma la pianta risulta sostanzialmente modificata ed è evidente il tentativo di eliminare dalla struttura i luoghi maggiormente “imbarazzanti”, così l’ufficio del Presidente ed il luogo dove sicuramente si tolse la vitta oggi sono in parte corridoi, in parte uffici di servizi minori, la stessa porta dell’ingresso privato del Presidente e da dove fu portato via il cadavere (via Morandè n° 80) è stata  a suo tempo chiusa e murata. Tornata la democrazia si è cercato di rende omaggio riaprendo quella porta e ricostruendo il più fedelmente possibile nelle immediate vicinanze  il gabinetto di Allende e l’antico salone nel quale si può dire, senza alcuna retorica, passò alla storia.

Bombardamenti ed incendio distrussero completamente l'antico mobilio, le opere d’arte (quadri, arazzi, tappetti, sculture) e gran parte degli archivi della presidenza, compresso il documento originale con il quale si dichiarava l’indipendenza del Cile dalla Spagna (datato 18 settembre 1810 a firma del Generale Bernardo O’Higgins).

Nella ricostruzione degli ambienti, fatta con cura e rigore storico, si è cercato di attenersi alla realtà anche nei minimi particolari al punto che si è trovato un telefono identico a quello usato dal Presidente per inviare, via radio, il suo ultimo discorso.

Nel palazzo oggi lavorano circa 350 persone più la guardia presidenziale ed i servizi responsabili della sicurezza della Presidente in un clima che ho notato rilassato, con funzionari molto attivi ma sempre sorridenti e molto amabili con gli ospiti. Oltre alla Presidenza li hanno sede 3 ministeri di quelli che in Italia chiameremmo “senza portafoglio" e ospita anche il Ministro degli Interni.

Per il resto rimangono nel mio intimo una miriadi di emozioni e sensazioni che il tempo – sempre saggio – si incaricherà di decantare.
Con la Sig.ra Analia Uriarte rodriguez, capo di gabinetto della Presitente Bachelet

Nel ricostruito Studio che fu del Presidente Allende

il salone (ed il divano) dove quasi certamente il Presidente si tolse la vita

Nel salone dove La Presidente fa i suoi annunci importanti


martedì 4 ottobre 2016

inizia il conto alla rovescia


Scatta il conto alla rovescia ed inizio a pensare al mio ritorno, faccio sforzi per salutare, prima di partire, tutte le persone care. Oggi ho invitato a pranzo questa bella signora (foto), amici veri di quasi una vita, anche se in tutto ci siamo visti 5 o 6 volte. Le tre ore di conversazione sono scivolate come l’olio su di una piastra di acciaio. L’ultima volta che c’eravamo incontrati fu in Ancona molti anni fa ed era rimasta semplicemente stupefatta poichè io fecce aprire un museo il giorno di chiusura perché lo potesse visitare… tornò in Cile raccontando che in Italia ero una potenza, invece semplicemente ero amico del custode.

Per domani mattina, martedì, mi hanno preparato un bel regalo, andrò a visitare l’interno del palazzo della Moneda con una guida speciale (ne renderò conto prossimamente). Al pomeriggio torno a Valparaíso, devo fare ancora due o tre “salutini veloci” poi si torna a Santiago e inizio a pensare ai bagagli… ecco tutto.

Supplemento alla Finestra sul cortile: sono le ore 20,30 locali e nel palazzo di fronte la vita è normalissima, è partito il solito movimento (frigoriferi e cucine in azione, TV, PC ecc. ecc. il mistero di ieri rimane tutto e credo lo rimarrà per sempre. Gli amici che arrivano con le birre non si vedono, forze ieri - altrove-  hanno fatto il pieno.



domenica 2 ottobre 2016

La finestra sul cortile (3)


Oggi è domenica e sono rimasto a casa. E’ da questa mattina che con una certa regolarità controllo il palazzo di fronte e non si percepisce alcun movimento, non una persona o attività. Questa mattina ho pensato che dormissero, come sarebbe comprensibile ma, adesso sono le 18 (ora locale) ed ancora nulla. Mi domando: ma cosa fanno? Dove vanno? Sembra un palazzo evacuato. Misteri della vita di questa città, infatti c’è un silenzio direi inquietante. Prima di chiudere questo post ho dato una ulteriore controllata, piano per piano: qualche finestra aperta per il resto il nulla totale. Mi auguro che la nostra lettrice "milanese" non si risenta per la nostra osservazione.

... e dove saranno?



50° con sorprese


A molti ho detto in Italia che venivo in Cile perché avevo un pranzo. In un certo senso così era. Da anni so che nel 2016 sarei venuto e da molti mesi so che il 1° ottobre sarei stato qui. Si trattava di festeggiare il 50° della nostra maturità, cioè del giorno in cui, finita la scuola, ognuno parti per la sua strada. Oggi ci siamo ritrovati. Alcuni ce li siamo persi nel cammino, altre sono deceduti, a pochi la questione non interessava… siamo arrivati in 25 da una cinquantina che eravamo. Abbiamo anche “rimediato” un professore (anni 87). Prima di tutto tanti abbracci poi una breve cerimonia religiosa (quasi tutti loro sono sinceramente molto devoti) nella quale abbiamo principalmente ricordato i deceduti ascendendo una candela per ognuno con il sottofondo di uno spiritual suonato al clarinetto, per poi sedersi a tavola, pochi discorsi, niente retorica, tante risate, 4 tavoli a gruppi che si sono composti, naturalmente, omogeni (quelli di allora). Proiezione ininterrotta di tantissime fotografie degli anni della giovinezza raccolte con pazienza dagli organizzatori. Consegna da parte mia di una Benedizione Apostolica che Papa Francesco ha inviato in occasione dell’evento. Allegria. Ricordi. Simpatia. Storie. Sorpresa (1) (grande sorpresa): si alza uno e dice: vorrei leggere il discorso che 50 anni fa fecce il “pollo” Madrid nella cerimonia di chiusura del nostro ultimo anno scolastico…. E legge due paginette a dire il vero niente male, e me ne fa dono. Non è scapata la lacrimuccia per miracolo. Sorpresa (2): si alza Oscar ed sparisce per qualche minuto per tornare poi con in mano il modellino in legno di un veliero, lungo 60/70 cm che ognuno di noi aveva costruito nell’ultimo corso di una materia che si chiamava “artes manuales”, applauso. Sorpresa (3) per qualche minuto abbiamo ricostruito un gruppo folk che avevamo (nella foto proiettata dietro si vede l’originale) peccato che mancava il basso. Foto, tante foto. Basta così, riempire questa nota di aggettivi sarebbe facile ma brutto. I ragazzi del ’66 stanno bene, la vita per molti è stata dura ma non molto crudele, diciamolo: oggi i ragazzi del ’66 stiamo bene…
La benedizione apostolica del Papa Sudamericano

Sorpresa 2: (quanto ci abbiamo lavorato e quanto abbiamo imparato)

I ragazzi del '66 stiamo bene....

sorpresa 3: peccato che mancava il basso, è rimasto a Milano dove vive

sabato 1 ottobre 2016

Llaverias 1772


Oggi l’ho fatta grossa. Ho presso la Metro e poi un tassi (che è risultato abbastanza salato) e me ne sono andato a quella che fu la casa dei miei genitori e la mia fino all’ultimo giorno della mia vita in Cile (1973). Calle Llavverias n° 1772, appunto. Ai piedi di un  colle di nome Manquehue che in lingua originale mapuche significa “luogo dei Condor”. Quartiere alto, “Vitacura” (pietra grande) irriconoscibili per traffico e costruzione di grandi ed eleganti palazzi, ma Llaverias c’è. Cambiata ma c’è e la casa pure. Davanti c’è una signora sulla quarantina che lavora con i guanti nel giardino e allora domando: ma questo è il n° 1772? Si,  dice lei, chi cerca? Nessuno dico -  io ho vissuto qui più di 40 anni fa. E Lei mi guarda e dice: allora tu sei un  Madrid…. E parte, è un fiume in piena, la casa la tiene molto bene anche se c’è disordine perché ci sono i muratori, il giardino è curatissimo e ci tiene molto, Vede, mi dice, li ci sono le calle perché un vecchio giardiniere, mi disse che a suo padre le piacevano tanto li, in quel posto, sotto il muro perché hanno bisogno di un po’ di ombra, in fatti li ci sono state sempre le calle a casa mia. Il terreno è piccolo ma c’è il prato e ci sono le rose, gli avocado, i limoni e la  piccola terrazza davanti ed una più grande, dietro casa, che aveva fatto fare mio padre… e mi fa entrare e parla e parla, ed entro in camera mia, e vado in cucina, e già che ci siamo entro perfino in bagno e nella camera che fu dei mie genitori, e parla e parla e mi dice che i vicini più anziani si ricordano ancora di lui e che lo chiamavamo “il Sindaco” perché ci teneva a che la strada fosse in ordine, pulita e con i giardini curati, e mi dice che quel cugino mio che abitava di fronte (fascistone, penso io) - che a me stava tanto antipatico - è andato via e io dico “menomale” e lei dice: si,  menomale, ed è un diluvio di ricordi e lei parla e parla e mi si sensibilizza la pelle e me dura ancora che sono passate più di 9 ore. Cerco di andare via ma lei vuole ancora raccontare e mi dice che devo tornare la sera quando c’è suo marito…  così ne parliamoe prendiamo un aperitivo ed io le dico che lei è gentilissima ma che per me basta così e prima di andare via mi rigala una busta con avocado, belli grandi e profumati dal suo giardino o diciamo meglio: dal nostro. E come al solito in queste situazioni non sono riuscito a fare fotografie: come fai a fare il turista giapponese in una situazione del genere!, (quelle che pubblico le ho trovato su internet) e quindi ho fatto quello che sempre ho fatto quando mi succedono cose del genere, mi sono messo a camminare e sono andato a piede, lontanissimo, a prendere la metropolitana che in parte mi ha riportato alla normalità.

... ed io dico che dietro quel verde a sinistra c'è Llaverias 1772

Il Manquehue (luogo dei condor)