Dicevano
le guide turistiche che quella città non era stata fondata da qualcuno. Una ad
una erano nate le mura arrampicate che cercavano di sfiorare il cielo con
i fumi dei camini. Poi la vita, e cioè, il fracasso quotidiano delle pentole e
dei bambini che giocano, il rumorio delle donne, il ritmico colpire dell’acqua
contro le vasche di legno usate per lavare i panni nei cortili, la musica
messicana e i tanghi che uscivano da tante radio sgangherate e rauche. Il
mercato, il porto ,
la stazione, la fioraia, il ciabattino, l’ambulante che sistemava ombrelli
vecchi, reti e materassi. L’uomo che comprava scarpe e vestiti usati, bottiglie
e giornali. Il carretto con il ghiaccio, il lattaio, il ragazzo che fabbricava
con maestria una fionda, l’altro che giocava con un cerchio.
Il
giorno che era arrivato li non sapeva - e non poteva neanche immaginare - che
si sarebbe trattato di una seconda nascita. Tanto meno sapeva che le seconde
nascite esistevano. Non immaginava che avrebbe conosciuto e si sarebbe
costruito una propria libertà fatta da regole condivise e volute, che avrebbe
vissuto il miracolo di un sorriso, scoperto la notte, le parole del silenzio,
che sarebbe stato in grado di sorprendersi, che la curiosità sarebbe stata una
condotta permanente e che tutto ciò gli sarebbe sembrato naturale e
necessario... e così per molto tempo.


Nessun commento:
Posta un commento