domenica 12 novembre 2017

Valparaiso , mi amor



Dicevano le guide turistiche che quella città non era stata fondata da qualcuno. Una ad una erano nate le mura arrampicate che cercavano di sfiorare il cielo con i fumi dei camini. Poi la vita, e cioè, il fracasso quotidiano delle pentole e dei bambini che giocano, il rumorio delle donne, il ritmico colpire dell’acqua contro le vasche di legno usate per lavare i panni nei cortili, la musica messicana e i tanghi che uscivano da tante radio sgangherate e rauche. Il mercato, il porto, la stazione, la fioraia, il ciabattino, l’ambulante che sistemava ombrelli vecchi, reti e materassi. L’uomo che comprava scarpe e vestiti usati, bottiglie e giornali. Il carretto con il ghiaccio, il lattaio, il ragazzo che fabbricava con maestria una fionda, l’altro che giocava con un cerchio.

Il giorno che era arrivato li non sapeva - e non poteva neanche immaginare - che si sarebbe trattato di una seconda nascita. Tanto meno sapeva che le seconde nascite esistevano. Non immaginava che avrebbe conosciuto e si sarebbe costruito una propria libertà fatta da regole condivise e volute, che avrebbe vissuto il miracolo di un sorriso, scoperto la notte, le parole del silenzio, che sarebbe stato in grado di sorprendersi, che la curiosità sarebbe stata una condotta permanente e che tutto ciò gli sarebbe sembrato naturale e necessario... e così per molto tempo.
(fine delle illustrazioni per "la Città del vento")

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