Anni fa, parecchi anni fa,
mi avevano prestato un piccolo portatile
Macintosh quando gli utenti Mac erano una ristretta élite quasi, o del tutto,
radical scic. Un amico mi istallò un programma di grafica e mi sono divertito
ad imparare quello che allora per me era uno strumento sorprendente.
Contemporaneamente scrivevo,
come continuo ad scrivere da circa trent’anni, un complicato racconto lungo o
semplice romanzo corto – fate voi – sempre rimasto nel cassetto ed ora sepolto in
qualche cartella del computer, che trattava delle mie giovanili vicissitudini para
politiche ed esistenziali. Quindi decisi di dedicare le mie esercitazioni con la
nuova app. grafica alle illustrazioni del “best seller” in preparazioni. Il
testo è stato modificato mille volte, a dir poco, ma il nome è rimasto sempre
quello: “La città del vento”.Si come sembra che viviamo un periodo di ritrovamenti più o meno fortunati (vedi le fotografie di Mario Aguirre nel post precedente), ordinando alcune carte ho trovato i disegni stampati in alcuni fogli ormai un po’ ingialliti. Certo ormai che il racconto non goderà mai delle dolce carezze dei rulli di una macchina di stampa e tantomeno il clamore di una pubblicazione ho deciso di condividere su Condoricose, a puntate, alcuni disegni corredati da qualche breve nota. Ecco il primo.
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Sembrava che a Francisco
Manuel Avila della Fuente piacesse fare la parte dello studente povero, solo,
pensieroso, naturalmente pallido, con i capelli lunghi, immerso in un pullover
esageratamente lungo da dove spuntavano i jeans scoloriti irregolarmente e a
“zampa d’elefante”, sempre con tanti giornali e libri sottobraccio. (da La città del vento, bozza n° 463)

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