La prima pensione dove vissi era una babele difficilmente dimenticabile.
Oltre agli studenti soggiornavano dei pugili, per lo più mulatti brasiliani
arrivati da sperdute favellas in attesa di combattimenti in programma ogni
sabato con l’illusione di vincere il titolo (ed il denaro) in palio. Intonavano
languide melodie colpendo qualsiasi barattolo trovassero a portata di mano, li
trovavi per i corridoi salticchiando con la corda per allenare le gambe. Oppure
“l’ingegnere” spagnolo che dirigeva alcune manutenzioni del sistema telefonico
in città che, volendo cenare con la musica chiamava spesso, a pagamento, un chitarrista perché suonasse mentre
consumava la cena, oppure la dolce signora, del mestiere incerto, che dovendo
dormire di giorno si lamentava della grande confusione. Riuscire a studiare era
una vera impresa ma la nostra vita era fantastica.
***
Carlitos,
il suo compagno di stanza, pallido e magro anche lui, naso appuntito e capelli
lunghissimi, figlio unico e sempre innamorato, suonava a tutte le ore,
instancabilmente, melodie dei Beatles, con una chitarra verde di fabbricazione
brasiliana seduto nel wc che, diceva, era l’unica stanza con un’acustica
appropriata.
Mario
disegnava da sempre un’interminabile linea terra–mare-aria senza sapere se era veramente quello che
aveva chiesto il suo professore di urbanistica. Di notte, sempre di notte,
costruivano piccole case di cartone da porre su di una striscia di cartone,
erigendo così un modello lungo l’intero corridoio. Tanti anni dopo un amico,
colto e incisivo, a proposito di certi progetti e programmi, inserì in un suo
discorso questa citazione:
“…
il Re chiamò i saggi del regno e chiese una mappa dei suoi possedimenti. Questi
la fecero, ma il Re chiese loro una più dettagliata. Loro provvidero, ma al Re
non bastò neanche questa e chiese molte volte molti più dettagli, finché un
giorno si ritenne soddisfatto, soltanto che la mappa era diventata più grande
del regno stesso” … e cioè quasi quanto era successo con la linea terra–mare-aria
di Mario.
Julio,
eternamente depresso, ripeteva fino alla noia, per memorizzarli, gli articoli
del Codice Civile aggiustando la cadenza a quella della metrica dell’inno
nazionale.

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