martedì 7 novembre 2017

i Beatles e la chitarra verde


 
Il ritrovamento di queste illustrazioni e la decisione di condividerle in questo blog mi ha permesso di rileggere il mio “eterno racconto” nel tentativo di estrapolare i frammenti più adatti e devo confessare che sono stato in grado di rinunciare, per adesso, alla grande tentazione di rimetterci ancora le mani.
La prima pensione dove vissi era una babele difficilmente dimenticabile. Oltre agli studenti soggiornavano dei pugili, per lo più mulatti brasiliani arrivati da sperdute favellas  in attesa di combattimenti in programma ogni sabato con l’illusione di vincere il titolo (ed il denaro) in palio. Intonavano languide melodie colpendo qualsiasi barattolo trovassero a portata di mano, li trovavi per i corridoi salticchiando con la corda per allenare le gambe. Oppure “l’ingegnere” spagnolo che dirigeva alcune manutenzioni del sistema telefonico in città che, volendo cenare con la musica chiamava spesso, a pagamento,  un chitarrista perché suonasse mentre consumava la cena, oppure la dolce signora, del mestiere incerto, che dovendo dormire di giorno si lamentava della grande confusione. Riuscire a studiare era una vera impresa ma la nostra vita era fantastica.

***

Carlitos, il suo compagno di stanza, pallido e magro anche lui, naso appuntito e capelli lunghissimi, figlio unico e sempre innamorato, suonava a tutte le ore, instancabilmente, melodie dei Beatles, con una chitarra verde di fabbricazione brasiliana seduto nel wc che, diceva, era l’unica stanza con un’acustica appropriata.
Mario disegnava da sempre un’interminabile linea terra–mare-aria  senza sapere se era veramente quello che aveva chiesto il suo professore di urbanistica. Di notte, sempre di notte, costruivano piccole case di cartone da porre su di una striscia di cartone, erigendo così un modello lungo l’intero corridoio. Tanti anni dopo un amico, colto e incisivo, a proposito di certi progetti e programmi, inserì in un suo discorso questa citazione:
“… il Re chiamò i saggi del regno e chiese una mappa dei suoi possedimenti. Questi la fecero, ma il Re chiese loro una più dettagliata. Loro provvidero, ma al Re non bastò neanche questa e chiese molte volte molti più dettagli, finché un giorno si ritenne soddisfatto, soltanto che la mappa era diventata più grande del regno stesso” … e cioè quasi quanto era successo con la linea terra–mare-aria di Mario.
Julio, eternamente depresso, ripeteva fino alla noia, per memorizzarli, gli articoli del Codice Civile aggiustando la cadenza a quella della metrica dell’inno nazionale.

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